Servizi a singhiozzo, lavoratori in sciopero e un blitz della Finanza potrebbero mandare all’aria la pratica dei bandi al massimo ribasso
Ospiti allo stremo, lavoratori sul piede di guerra e un’ispezione a sorpresa della Guardia di Finanza.
Eccola qua la fotografia del Centro di identificazione ed
espulsione di Modena dove – in pieno Ramadan - la situazione rischia di
esplodere.
E non solo perché - come avviene in tutte le altre dodici
strutture previste sul territorio nazionale dalla legge Turco-Napolitano - gli
immigrati che vi si trovano rinchiusi, spesso a tempo indeterminato, in attesa
che il provvedimento di espulsione o respingimento a loro carico diventi
eseguibile perdono facilmente e, comprensibilmente, la testa attuando
periodiche rivolte, ma anche perché chi vi lavora è costretto a farlo in
condizioni che infrangono, continuamente, ogni regola contrattuale.
Con i suoi dipendenti in stato di agitazione dallo scorso gennaio contro il cronico sottorganico e il sistematico ritardo con cui vengono erogati gli stipendi, il Cie di Modena può essere assunto ad emblema di quanto avviene in Italia quando si sceglie di gestire le politiche dell’immigrazione con la regola dei bandi al massimo ribasso.
Bastino i numeri: fra operatori sociali, infermieri, mediatori culturali, addetti alle pulizie e un solo medico i dipendenti della struttura di via Lamarmora sono appena trenta. Cinque per turno, quando per garantire i servizi minimi ne sarebbero necessari almeno sei.
Se si calcola, poi, che la struttura può arrivare ad ospitare fino a sessanta stranieri, di diversa provenienza ed esigenze, è subito evidente che la buona volontà dei singoli – che in media guadagnano mille euro al mese - non può bastare. E così, pur accettando di stravolgere i propri orari di lavoro sottoponendosi a straordinari che non saranno mai pagati, è sufficiente anche un piccolo imprevisto per far saltare l’organizzazione quotidiana e contribuire ad esasperare gli animi già tesi dei trattenuti.
«Basta un ritardo nella consegna dei pasti per accendere la miccia e provocare, per esempio, un falò di materassi», spiega Marco Bonaccini, il segretario della funzione pubblica della Cgil di Modena che da mesi segue la vertenza e che fa risalire l’inasprirsi delle condizioni lavorative al cambio di gestore e, inevitabilmente, alla decisione del ministero dell’interno di ridurre i costi. «L’ente a cui, nel luglio del 2012, lo Stato ha assegnato, in quanto vincitore di gara, la struttura - prosegue Bonaccini - è l’Oasi di Siracusa, un consorzio che ha in gestione anche il Cie di Trapani e quello di Bologna, oggi chiuso per urgenti lavori di ristrutturazione e a cui, per le stesse inadempienze oggi registrate a Modena, la Prefettura felsinea ha dovuto revocare la convenzione».
Con un abbattimento dei costi del 3% rispetto a quanto richiedeva la base d’asta fissata a 30 euro al giorno per trattenuto, il Cie di Modena è gestito investendo soli 29 euro e 10 centesimi ad ospite. Una cifra, che solo un anno fa, con la vecchia gestione che da dieci anni era in mano alla Confraternita della Misericordia di Daniele Giovanardi, era di 75 euro a persona.
Più che dimezzando i costi di gestione e riducendo di una
quindicina di unità il personale, il nuovo corso in via Lamarmora ha da subito
dimostrato le sue falle.
Stipendi in ritardo già dai primi mesi e la Prefettura costretta a subentrare per garantire non solo le spettanze ai lavoratori ma anche l’espletamento dei servizi minimi all’utenza che proprio per le carenze organizzative non ha mai potuto superare le quaranta unità, benché fosse di sessanta la capienza massima consentita.
Stipendi in ritardo già dai primi mesi e la Prefettura costretta a subentrare per garantire non solo le spettanze ai lavoratori ma anche l’espletamento dei servizi minimi all’utenza che proprio per le carenze organizzative non ha mai potuto superare le quaranta unità, benché fosse di sessanta la capienza massima consentita.
Ma andiamo per ordine. Se oggi i lavoratori sono arrivati a
proclamare sei giornate di sciopero consecutive non è certo per capriccio. «I
dipendenti hanno incrociato le braccia per la prima volta il 26 gennaio -
ricostruisce l’intera vicenda, Bonaccini - E poi ancora a febbraio e marzo. Ma
la situazione non è migliorata. Anzi: in dodici mesi al consorzio abbiamo visto
passare cinque direttori ed è sempre stata la prefettura a dover subentrare per
garantire le spettanze. E anche ora se le sei giornate di sciopero sono state
congelate e differite a partire dal prossimo 23 luglio è ancora merito della
prefettura che ha promesso di anticipare gli stipendi di giugno e luglio e di
impegnarsi affinché questo stillicidio finisca».
L’agitazione dei lavoratori è però solo la punta
dell’iceberg. Un’ispezione a sorpresa della Guardia di Finanza, avvenuta lo
scorso 11 luglio negli uffici del consorzio Oasi, mette ora a rischio la
sopravvivenza dell’intera convenzione. Il blitz, durato oltre dieci ore,
avrebbe portato al sequestro di registri e documenti e sarebbe avvenuto
parallelamente ad altre perquisizioni negli altri centri gestiti dal consorzio
siracusano. Secondo le prime indiscrezioni, ci sarebbero degli indagati.
L’operazione fa seguito all’inchiesta penale aperta lo scorso anno dalla
procura di Modena per fare chiarezza sia sui conti di Oasi sia sulla regolarità
del bando di gestione. In particolare, si ipotizzano forme illecite di
finanziamento. Se così fosse, il consorzio Oasi avrebbe vita breve anche a
Modena. E, chissà, potrebbe veder sfumare anche la nuova avventura al Cie di
Milano, per il quale si è appena aggiudicato la gara d’appalto.
(Alessandra Testa)
Pubblicato su CORRIEREIMMIGRAZIONE
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