STUDI E INDAGINI

Lo status quo
I media contruibuiscono a diffondere gli stereotipi sugli stranieri

 
O criminali o sportivi, gli uomini. O vittime o badanti, le donne.
E’ ancora questa, ahinoi, la fotografia degli immigrati fornita dai media italiani che, nemmeno tanto inconsapevolmente, non solo continuano a dare poca voce alle opinioni degli stranieri ma contribuiscono anche alla diffusione degli stereotipi che li riguardano. 
 A rimarcare, ancora una volta, i limiti del giornalismo, in particolare quello televisivo, è un recente report pubblicato da Corecom e Regione Emilia-Romagna. “L'immagine degli immigrati nei telegiornali dell'Emilia-Romagna” è un’indagine che si concentra su 18 emittenti locali, ma i risultati possono tranquillamente essere estesi all’intero sistema del giornalismo italiano, che a parte qualche virtuosa eccezione, fatica a dare voce ai protagonisti dell’immigrazione, in molti casi andati ben oltre la seconda generazione. 
Le edizioni dei telegiornali emiliano-romagnoli passate in rassegna esemplificano alla perfezione quanto avviene nel resto d’Italia: le notizie di cronaca nera rappresentano quasi la metà di quelle in cui compaiono gli immigrati, seguite a lunga distanza da quelle che raccontano dei campioni dello sport. Risultano, invece, invisibili gli stranieri che non commettono reati così come coloro che per mestiere hanno scelto di fare i giornalisti. 
Lo studio ha analizzato in tutto 407 tg andati in onda nella prima settimana di agosto e nella prima di settembre 2010. Nel mese di agosto su 483 servizi che avevano per protagonisti gli immigrati, 219 riguardavano episodi di criminalità. Unica eccezione: lo sport, con 38 servizi dedicati ad atleti stranieri. Come sempre, finita l’estate, la tendenza a riportare fatti criminosi cala leggermente per ridonare più spazio alla politica e alle cronache istituzionali. La tendenza, però, cambia di poco. A settembre su 433 notizie “straniere”, 201 hanno riguardato la devianza mentre allo sport sono stati dedicati 29 servizi. Nelle due settimane campione, così come nel resto dell’anno, importanza secondaria è stata riservata a due tematiche cruciali nonché molto attuali: il contributo dei lavoratori migranti nell'economia regionale e la forte presenza di giovani di seconda generazione nelle scuole. Non sorprende, quindi, che gli immigrati siano interpellati molto raramente dai giornalisti dei tg, e a prendere parola sono nella maggior parte dei casi atleti e sportivi. A parlare al posto degli stranieri ci sono per lo più forze dell'ordine, politici,  sindacalisti oltre che, ovviamente, gli stessi giornalisti. Nelle due settimane prese a campione dallo studio il tempo concesso alle notizie sull'immigrazione, è di circa 10 ore con i cittadini stranieri che parlano per appena 34 minuti (5%). Nel mese di agosto gli immigrati che hanno preso parola sono stati soprattutto sportivi (64%), esercenti stranieri interpellati sull'ordinanza anti-alcol di Bologna (17%) ed altri che hanno espresso la loro opinione su iniziative culturali o sulla riqualificazione urbana di Piazzale Inzani a Parma (4%). Nel mese di settembre si conferma la supremazia degli sportivi (58%) mentre temi come la regolarizzazione di colf e badanti, la polemica sulle condizioni igienico-sanitarie del campo nomadi di Reggio Emilia e le proteste di fronte al Consolato del Marocco a Bologna restano in secondo piano. La poca visibilità data agli stranieri si rispecchia anche dietro lo schermo, dove sono assenti sia come anchorman che come inviati. Unica eccezione: la presenza di una giornalista inviata nell'edizione serale del mese di agosto. 
Tutti parlano di immigrazione, insomma, tranne i diretti interessati. Anche per questo, il presidente dell'Ordine dei giornalisti dell'Emilia-Romagna, Gerardo Bombonato, esprime l’urgenza di formare le nuove generazioni di giornalisti anche sulle tematiche della multiculturalità: «Il difetto dei giornalisti, non di tutti, certo - riconosce Bombonato -  è che non si approfondisce mai, si dà la notizia di cronaca e non si racconta tutta la storia per far capire a chi legge o a chi ascolta l’intero contesto». «Il nostro è un giornalismo molto provinciale – prosegue il presidente dell’Ordine -, ci perdiamo in retroscena e gossip e la politica occupa tutto lo spazio. In altri paesi non è così: El Pais, ad esempio, costruisce il giornale partendo dagli esteri e poi arriva ai fatti interni: se è vero che nel 2020 il 20% della popolazione sarà di origine straniera, i giornalisti, se vorranno veramente raccontare la realtà, si dovranno evolvere». 
«Ben venga l’indagine condotta dal Corecom , ma non può bastare se non è accompagnata da proposte che favoriscano la formazione e l'educazione degli operatori dei media a sviluppare una sensibilità diversa nel trattare i temi dell'immigrazione e della multiculturalità. Capita spesso – conclude, infatti, Bombonato - che i giornalisti, per la mancanza di tempo e la velocità con cui devono svolgere il lavoro, non siano documentati a sufficienza o che abbiano un'agenda piena dei contatti telefonici solo di chi una voce ce l'ha già».

(Alessandra Testa)