COSA FACCIAMO

Siamo un gruppo di giornaliste e operatrici dell’informazione, immigrate e italiane. Vogliamo promuovere una comunicazione interculturale con un sguardo al femminile e interagire con le donne, native e migranti, attraverso il racconto del loro vissuto e della loro cultura, per renderle protagoniste nella società come nei media.



Il progetto intende dare voce a realtà ed associazioni femminili mediante la collaborazione e la fornitura di servizi giornalistici, articoli, interviste, video-interviste e reportage fotografici al mondo dell’associazionismo, dei media e delle istituzioni, rendendo protagonista la figura, il ruolo e il punto di vista delle donne, native e migranti. In tal modo intendiamo stimolare un dibattito che permetta di liberarci dai pregiudizi, osservando con un’ottica di genere il fenomeno delle migrazione, della diaspora e della partecipazione attiva delle donne nella società come nell’informazione che le riguarda favorendo la definizione e la costruzione di un concetto di “identità” che tenga conto della dinamicità dei processi aperti all’incontro, alle contaminazioni e al meticciato.




 

Il nostro primo progetto






Ufficio stampa per il convegno e la ricerca 
sui matrimoni forzati "Per forza, non per Amore"


Il primo incarico dell'agenzia She News è stato conferito dall'associazione di donne native e migranti "Trama di Terre" per la gestione dell'ufficio stampa del convegno sui matrimoni forzati che si è svolto a Imola il 27 e il 28 maggio 2011.
Al convegno è stata presentata una ricerca sui matrimoni forzati realizzata in Emilia-Romagna, la prima del genere in Italia.
Tutto il materiale prodotto è scaricabile qui: http://www.tramaditerre.org/tdt/indices/index_263.html
Seguono i lanci di agenzia diffusi prima del convegno e il comunicato con la proposta alla Regione Emilia-Romagna lanciata dalla presidentessa di "Trama di Terre", Tiziana dal Pra.

MINORI: MATRIMONI FORZATI MIGRANTI,SPIE SCUOLA E FORMAZIONE

IMOLA (BOLOGNA), 25 MAG - Sono le scuole e i centri di formazione professionale le istituzioni che, secondo un’ indagine condotta dall’associazione interculturale “Trame di Terre” di Imola, fanno da spia ai troppi casi in cui bambine ed adolescenti sono vittime di una violenza che limita la loro libertà. “Devo lasciar la scuola, a luglio dovrò sposarmi”: queste le parole che le insegnanti sentono con sempre maggiore frequenza da allieve, ma anche in alcuni casi da ragazzi, costrette a far ritorno nel loro Paese d’origine per contrarre un matrimonio deciso dai genitori.   Molto spesso il rientro è motivato da un presunto evento luttuoso avvenuto in patria, ma all’arrivo scoprono l’inganno e il marito predestinato. I casi sono molteplici e riguardano giovani provenienti dal Marocco come da Pakistan, India e Bangladesh, chiamando in causa un uso della forza sia fisica (violenti percosse, stupri e violenza sessuale) che psicologica, fino a rinchiudere nel viaggio, com'è avvenuto con una marocchina, una giovane nel bagagliaio di un’auto. Di fronte a questa situazione 'Trame di Terrè ha promosso per venerdì un convegno dove verranno illustrati gli esiti di un’indagine sui 'matrimoni forzatì all’interno delle comunità migranti (pachistana, indiana, bengalese e magrebina) in Emilia-Romagna.   L’indagine ha messo in luce 33 esperienze, di cui una si è  conclusa con il suicidio, mentre in altri otto casi le tracce della vittima si sono perse. Il fenomeno è comunque molto più ampio di quel che si pensa solo se si guarda ai dati 2009 del Marocco dove - secondo Tiziana Dal Pra, presidente di 'Trame di terrè - i matrimoni precoci per giovani di età inferiore ai 16 anni sarebbero stati ben 28.000. Ricerche condotte in altri Paesi europei, nonostante sia prevalente la quota di sommerso, riportano a 300 casi all’anno in Gran Bretagna e Danimarca, 140 in Svizzera, circa il doppio in Germania, una ventina in Spagna mentre in Olanda, Norvegia come in Italia mancano stime affidabili. Per quanto riguarda il nostro Paese, contrariamente a quanto avviene in Norvegia, Belgio, Danimarca e Gran Bretagna, emerge la mancata inclusione dei matrimoni forzati nel codice penale. Al convegno verranno illustrati i casi concreti e le esperienze maturate nel percorso d’accoglienza da 'Trame di terrè (impegnata tra l’altro a formare in queste settimane con l'insegnamento delle lingua italiana e del lavoro sei profughi tunisini assistiti dalla Caritas) comparandole con quelle delle associazioni 'South Black Sisters' (Gb), Adfm e Insat (Marocco). 

    YC6-GIO 25-MAG-11 16:42

(ER) IMMIGRATI. NOZZE FORZATE, CENSITI 33 CASI IN EMILIA-ROMAGNA
INDAGINE DI TRAMA DI TERRE: QUESTA E' SOLO LA PUNTA DELL'ICEBERG

(DIRE) Imola, 25 mag. - La difesa dell'onore e delle tradizioni, ma anche la povertà. Sono questi i motivi che fanno dei matrimoni forzati (combinati o imposti) una realta' ancora presente fra le comunita' straniere dell' Fra i casi presentati dalla ricerca, ci sono quelli di donne che frequentano ragazzi di un'altra religione, spesso italiani, o che hanno comportamenti che troppo "disinibiti". Scattano cosi' minacce, violenze e in alcuni casi rapimenti per far sposare le ragazze nel paese d'origine. Soprattuto nel caso di famiglie musulmane, secondo la ricerca, "c'e' da sottolineare la preferenza dell'unione fra cugini: diffusa e praticata soprattutto in Nord Africa e Pakistan". Fra le cause dei matrimoni forzati c'e' pero' anche la poverta', e spesso le nozze sono l'unico modo per ottenere un permesso di soggiorno. "Le unioni di convenienza rientrano nelle motivazioni piu' diffuse in caso di poverta' o difficolta' di emigrazione dal paese d'origine". Le norme previste in materia dal pacchetto sicurezza non sembrano efficaci, semplicemente i matrimoni vengono celebrati all'estero. Prima non sentivamo mai un genitore dire alla propria figlia 'Ti ammazzo se fai una cosa piuttosto che un'altra', al massimo gli diceva 'Non ti voglio piu' avere in casa'". A fare luce sul fenomeno e' un'indagine dell'associazione di Imola Trama di terre, che ha raccolto 33 casi di nozze forzate in regione. In 20 di questi il matrimonio e' avvenuto, in nove e' stato evitato, mentre di altri quattro casi non si hanno piu' notizie. Si tratta in gran parte di giovani donne, provenienti dal Marocco (11 casi), Pakistan (cinque) e India (cinque), ma si registrano anche tre casi di ragazzi costretti alle nozze. "Si conferma sostanzialmente il rischio nazionalita' per Marocco, Pakistan, India e anche Turchia- si legge nella ricerca- dove i casi sono solo due, ma la numerosita' della presenza sul territorio e' comunque piu' scarsa rispetto alle altre nazionalita'". Secondo l'associazione, i casi raccolti rappresentano "l'emersione di una punta dell'iceberg", ma valutare l'entita' del fenomeno rimane difficile, "soprattutto per i matrimoni contratti all'estero prima dell'emigrazione della sposa per ricongiungimento familiare". La meta' dei matrimoni (11 su 20) e' stata infatti celebrata all'estero. La ricerca, che si basa su 44 interviste a vittime di matrimoni forzati, mediatrici culturali, insegnati, operatori sociali e rappresentanti di associazioni, sara' presentata dopodomani, 27 maggio, a Imola nel convegno "Per forza, non per amore".  
(Dires - Redattore Sociale)

IMMIGRATI: NOZZE FORZATE IMPOSTE CON PRESSING PSICOLOGICO E A SCUOLA LE RAGAZZE CONFIDANO TUTTO ALL'INSEGNANTE PREFERITA

(DIRE) Imola, 25 mag. - "Cosa vuole fare tuo padre, portarti in Pakistan?". "Uccidermi". "Tu credi che sarebbe capace?". "Si'". E' una delle testimonianze piu' estreme raccolta dalla ricerca sui matrimoni forzati condotta dall'associazione Trama di Terre. Protagonista una 18enne pachistana, fuggita da casa e ora ospitata in un centro antiviolenza. La violenza, fisica o psicologica, e' il minimo comune denominatore nelle 33 storie raccolte dall'associazione attraverso interviste a vittime, mediatrici culturali e operatori dei servizi sociali. Tanto che l'associazione lancia una proposta: "Estendere l'articolo 18, che prevede il permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, anche alle ragazze costrette ai matrimoni forzati", spiega Barbara Spinelli, avvocato e consulente di Trama di terre. Un auspicio condiviso e rilanciato dalla presidente dell'associazione Tiziana Dal Pra. Non sempre pero' si tratta di violenza fisica. "La maggior parte (delle ragazze) non era stata fisicamente percossa - racconta una delle mediatrici intervistate nella ricerca - però lo era stata psicologicamente. Per cui la solitudine, l'abbandono della famiglia, il condannare il resto della famiglia alla vergogna... Minacce emotive profondamente legate alla cultura d'origine, e poi sempre la minaccia di rimandarle al paese d'origine". Non e' cosi' semplice pero' riconoscere la violenza psicologica. "La posizione comune - racconta un'altra mediatrice - è quella di considerarla violenza quando la donna lo vive come tale, la racconta come tale. Quando riesce a percepirla". Ma il limite e' molto fragile, "ci siamo rese conto che la violenza emotiva nella famiglia è perpetuata continuamente nei confronti dei figli". Secondo la Dal Pra, "la scuola è il primo luogo dove le ragazze cominciano ad assumere comportamenti occidentali: spesso e' da qui che scaturisce la ribellione e iniziano i contrasti con la famiglia". E spesso e' dalla scuola che arrivano le segnalazioni di matrimoni forzati. "Ci sono cas i - spiega la presidente di Trama di Terre - in cui le ragazze si confidano con la professoressa preferita, dicendo che devono lasciare la scuola e tornare nel paese d'origine per sposarsi". Ma anche per chi decide di reagire alla decisione della famiglia, il percorso non e' facile. "Spesso le ragazze non sanno a chi rivolgersi - continua Spinelli - una mancanza di informazioni che determina un sommerso altissimo". Dal 2009 però l'associazione ha registrato un aumento di richieste d'aiuto, "perche' dare delle risposte determina una maggiore richiesta". A rendere difficile gli interventi è il sequestro dei documenti da parte delle famiglie alle ragazze.  "Cosi' parte un iter burocratico che ostacola la 'liberazione' della ragazza - spiega la Dal Pra- diventa impossibile agire in maniera tempestiva". Come affrontare e contrastare il fenomeno? Il punto si farà nel seminario "Per forza, non per amore" organizzato da Trama di terre sabato 28 maggio a Imola. Alla giornata sarà presente anche il sindaco di Novellara, Raoul Daoli, uno dei Comuni della regione a pi§ alto tasso d'immigrazione. "Si tratta di un evento nuovo per l'Italia - spiega Dal Pra - si pensa che l'immigrazione nel nostro paese sia giovane e fresca, invece ci sono gia' molte famiglie ormai stanziali: questi problemi ci riguardano, anche perché l'Emilia Romagna è la regione che ha il tasso piu' alto di immigrazione stabile". Nata come centro intercultrale, dal 2000 l'associazione ha aperto anche alloggi per donne e minori in difficoltà. Per le donne vittime di violenza Trama di Terre ha anche una casa protetta (concessa dal comune in una localita' segreta).
(Dires - Redattore Sociale)



COMUNICATO STAMPA

PIANO PER LA PREVENZIONE E IL CONTRASTO AI MATRIMONI FORZATI
La proposta emersa al convegno "Per Forza, non per Amore"

Imola, maggio 2011 – Contro la pratica dei matrimoni forzati occorrono un tavolo regionale e la realizzazione di un Piano per la prevenzione e il contrasto. Sono queste le due richieste avanzate alla Regione Emilia-Romagna dalla presidentessa dell’associazione Trama di Terre, Tiziana Dal Pra, a conclusione del convegno internazionale “Per Forza, non per Amore” svoltosi ieri e oggi a Imola. 
La pratica dei matrimoni forzati, legata a tradizioni patriarcali che sono sopravvissute a lungo anche in Italia, è infatti ancora diffusa in alcune aree del continente asiatico (Pakistan, India, Bangladesh) nel Maghreb e nell’Africa subsahariana. Le vittime del matrimonio imposto - menzionato nei documenti Onu tra le violenze contro i diritti fondamentali di donne e bambine  - sono le “spose”: giovani donne e adolescenti che, complici i flussi migratori, oggi vivono anche nella nostra regione. La costrizione al matrimonio ha sempre conseguenze drammatiche sulla vita di queste giovani donne: violenze fisiche e psicologiche, segregazione, stupri, scompensi psichici e della salute, sequestri e rimpatrio forzato nei Paesi di origine, a volte la morte. Proprio per questo, l’associazione imolese propone un’azione concreta da parte delle istituzioni locali, che non possono più fingere che il problema non le riguardi.
Il tavolo regionale contro la pratica dei matrimoni forzati, che sarebbe il primo del genere in Italia, costituirebbe anzi una buona pratica per l'attuazione da parte delle istituzioni locali delle misure di sensibilizzazione, prevenzione e protezione che gli organismi comunitari hanno chiesto anche al nostro Paese di realizzare. “Un tavolo inter-istituzionale per la creazione di un piano regionale di prevenzione e contrasto sui matrimoni forzati– ha spiegato dal convegno Barbara Spinelli, avvocata e autrice di “Femminicidio” – potrebbe essere il luogo ideale nell'ambito del quale associazioni e istituzioni sarebbero chiamate, a partire dalle esperienze concrete, a elaborare campagne formative e di sensibilizzazione, linee guida per gli operatori, in attuazione di tre risoluzioni del Parlamento europeo, per garantire il diritto delle donne a scegliere se contrarre matrimonio e con chi sposarsi, sancito dagli articoli 15 CEDAW (la Convenzione delle Nazioni Unite per l'eliminazione delle discriminazioni contro le donne), dall'articolo 16 della Dichiarazione universale sui diritti umani e dall'articolo 12 CEDU (la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e della donna), e proteggerle dalle violenze connesse all'imposizione del matrimonio, occorre attuare una strategia di prevenzione chiaramente indicata nelle risoluzioni del Consiglio d'Europa 1723/2005 e nelle risoluzioni del Parlamento europeo 1468 del 2005, 2006/2010 e 1662 del 2009. Anche la Convenzione europea contro la violenza domestica dell’11 maggio del 2011 prevede azioni di prevenzione e contrasto specifiche per il contrasto dei matrimoni forzati, tuttavia non è ancora stata ratificata dall’Italia”.
Il tavolo regionale contro i matrimoni forzati potrebbe essere, inoltre, un primo passo – ha auspicato Spinelli – verso l’estensione dell’articolo 18 del Testo Unico a tutela delle vittime di tratta anche per le donne costrette a matrimoni forzati. Nel frattempo si auspica che alle donne che chiedono protezione e sono sprovviste di permesso di soggiorno autonomo venga rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ai sensi degli articoli 5 comma 6 e 19 comma 1 del testo unico sull’immigrazione (decreto legislativo 286/98)”. “La grande partecipazione di oggi ci conferma che non siamo sole e che si possono costruire politiche e azioni contro i matrimoni forzati”, ha concluso Tiziana Dal Pra rivolgendosi a una platea in cui era presente anche Andrea Facchini, responsabile del Servizio politiche accoglienza e integrazione sociale della Regione Emilia Romagna: “La Regione ha tutti gli strumenti per fare la propria parte. È una urgenza, oltre che un dovere verso le nuove generazioni. E noi, come associazione Trama di Terre, continueremo a fare pressioni e a tenere alta l’attenzione”.

Per maggiori informazioni: Trama di Terre, 0542.28912, info@tramaditerre.org, www.tramaditerre.org 
Ufficio stampa: “She News”, infoshenews@gmail.com


Comunicato Stampa

Auditorio pieno a Imola per il convegno internazionale sui matrimoni forzati “Per forza, non per amore”
Imola, 31 maggio 2011 – Con la proposta di: ”Un tavolo interistituzionale per la creazione di un piano regionale di prevenzione e contrasto sui matrimoni forzati”, in cui associazioni e istituzioni potrebbero elaborare, a partire da esperienze concrete, campagne formative e di sensibilizzazione e linee guida per le operatrici e gli operatori, una proposta introdotta da Barbara Spinelli, avvocata e autrice di “Femminicidio”, e ribadita dall’appello di Tiziana Dal Pra, presidentessa di Trama di Terre, che si è rivolta alle istituzioni locali, chiedendo misure concrete alla Regione Emilia Romagna, si è chiuso il convegno internazionale sui matrimoni forzati "Per forza, non per amore" che si è svolto lo scorso 27 maggio a Imola. Organizzato da Trama di Terre, con il patrocinio del Comune di Imola e della Regione Emilia Romagna, il convegno ha visto la partecipazione di oltre 150 persone nelle due giornate di svolgimento.  Nel convegno sono stati presentati i risultati della prima indagine realizzata in Emilia Romagna sui matrimoni combinati nelle comunità migranti (pachistana, indiana, bengalese e magrebina). 
La pratica dei matrimoni forzati,  frutto di tradizioni patriarcali sopravvissute a lungo anche in Italia, è ancora oggi diffusa in alcune aree del continente asiatico, nel Maghreb e nell'Africa subsahariana.

Le vittime sono principalmente giovani donne e bambine (molte di loro hanno solo 11-12 anni), condotte in Europa nei flussi migratori, e che vivono anche in Emilia Romagna.

La ricerca, condotta dal Dipartimento di Studi Sociali dell'Università degli Studi di Milano per conto dell’associazione imolese, si è basata su 44 interviste a vittime di matrimoni forzati, mediatrici culturali, insegnati, operatrici/ori sociali, rappresentanti di associazioni, e ha messo in luce 33 esperienze.

Secondo l’indagine, sono le scuole e i centri di formazione professionale, le istituzioni, le agenzie in cui si rilevano i troppi casi di bambine ed adolescenti vittime di una violenza che limita la loro libertà, costrette a far ritorno nel loro Paese d’origine per contrarre, a loro insaputa, un matrimonio deciso dai genitori.
I casi segnalati dallo studio riguardano marocchine/i (12) pakistane/i (5) indiane/i (5). La forzatura è perpetuata non solo attraverso la violenza fisica, ma più spesso mediante pressioni psicologiche, ricatti emotivi, appelli alla vergogna o al disonore, seguiti da minacce di abbandono da parte della famiglia. Poi ci sono le unioni di convenienza per l’ottenimento del permesso di soggiorno, che rientrano nelle motivazioni più diffuse in caso di povertà o difficoltà di emigrazione.
“Secondo i dati del 2009, in Marocco – ha affermato Tiziana Dal Pra - i matrimoni precoci per giovani di età inferiore ai 16 anni sarebbero stati ben 28mila. Ricerche condotte in altri Paesi europei, dove resta prevalente la quota di sommerso, indicano in 300 i casi l’anno in Gran Bretagna e Danimarca, 140 in Svizzera, circa il doppio in Germania, una ventina in Spagna, mentre in Olanda, Norvegia e in Italia mancano le stime affidabili. Nel nostro Paese, contrariamente a quanto avviene in Norvegia, Belgio, Danimarca e Gran Bretagna, emerge la mancata inclusione dei matrimoni forzati nel codice penale”.

I casi e le esperienze maturate nel percorso d’accoglienza da Trame di Terre, comparate con quelle delle associazioni Southall Black Sisters di Londra (Inghilterra), Association Democratique des Femmes du Maroc di Rabat e Insat di Beni Mellal (Marocco), sono state illustrate al convegno e approfondite nel seminario formativo che si è tenuto il giorno seguente a Imola, alla sede di Trame di Terre, e che ha coinvolto oltre 40 tra operatrici e operatori della Rete dei Centri interculturali, di Centri antiviolenza e di comunità di accoglienza per donne e minori, assistenti sociali, realtà del terzo settore. Dai casi concreti e dalle problematiche della questione immigrazione (casa, lavoro, salute donna ed empowerment) sollevate dal centro londinese che opera in stretto contatto con associazioni, Polizia e servizi sociali, alla “Moudawana”, il nuovo Diritto di famiglia in vigore in Marocco dal 2004, e la “Primavera dei diritti”, i movimenti delle donne magrebine e delle loro associazioni che lottano per la revisione di alcuni punti del nuovo codice.

La ricerca e i materiali del convegno sono disponibili sul sito dell’associazione (www.tramaditerre.org).
Ufficio Stampa: She News, infoshenews@gmail.com