Spiaggia di Peschici, otto di mattina, per Usman e Falù è una giornata normale di estate da trascorrere in spiaggia, Usman ha un anno, si sta appena svegliando, non ha bisogno di niente in questo momento, è sulla schiena della mamma com'è abitudine portare i bambini piccoli africani. Per madre e figlio è un legame importante che dà al bimbo sicurezza e alla mamma la certezza che il piccolo sta bene mentre lei lavora.
Suo fratello Falù ha cinque anni e beve un po’ di caffè latte. Oggi porta la sua maglietta fortunata dell’Inter con il numero del suo giocatore favorito, il 9 di Eto’o. Aiuta un po’ i suoi genitori a sistemare collanine, anellini e braccialetti sulla bancarella dove sua madre, una bella e alta ragazza senegalese, abito molto lungo e colorato, dividerà la sua giornata nel vendere gli oggetti esposti e anche nella elaborazione delle treccine tanto gradite alle ragazze e ragazzine in spiaggia. Per le turiste forse sono soltanto una moda… per le donne africane fa parte della loro cultura di origine. Da sempre, a prescindere dalla nazione di origine, le trecce sono un modo di comunicare. Nell’epoca della schiavitù le trecce servivano tracciare i sentieri per poter scappare, erano usate come una forma di libertà.
I fratelli più grandi di venti, diciassette e quindici anni mettono a posto il carretto con vestiti, parei e costumi “tutto a 3 euro”. Un po’ più distante sulla sabbia stendono un telo di plastica 3x2 sul quale espongono le borse contraffatte Dolce&Gabbana, Prada, Louis Vuitton. Il lavoro nelle ore più calde della giornata li costringe ad andare sotto ai tre ombrelloni piantati alla mattina, a volte fanno anche il bagno ma solo i piccoli e i ragazzi, mai i genitori.
Sono arrivati in Puglia sette anni fa dal Senegal. Come capita spesso in diversi paesi del continente africano, molte comunità dai villaggi più poveri cominciano le migrazioni in questo caso verso Nord cercando lavoro. Quando si appartiene a paesi poco sviluppati e avendo alcuni risparmi da parte, si cerca di andare verso l’Occidente, nei paesi come l’Italia che ancora rappresenta "un’altra vita" e un “futuro” per i figli.
Inizialmente la famiglia era composta da tre figli, poi in Italia sono nati i due più piccoli, per loro forse le cose possono andare diversamente.
Vivono in un piccolo paesino del Gargano e da quando iniziano ad arrivare i turisti sulle spiagge, verso marzo o aprile cominciano a girare, fanno un mese in una spiaggia e poi vanno in un’altra. Uno dei vantaggi del Sud e che ancora sulle spiagge possono svolgere tranquillamente il loro lavoro, da quelle parti ancora non sono arrivate le multe per venditori e turisti. La mattina presto fanno la scalinata che dal centro dal paese porta alla spiaggia e nel tardo pomeriggio tornano su per riportare la merce.
I ragazzi parlano con i turisti, sono più aperti, scherzano tra di loro, i genitori invece sono molto riservati, il padre in particolare, sarà sui 50 anni e il suo viso ormai trasmette un po’ di tristezza, è cupo e cammina a piccoli passi, lentamente, forse la stanchezza di una vita di solo lotte. I due bimbi Usman e Falù ancora non capiscono molto della loro vita, sono tranquilli perche le loro giornate le trascorrono in spiaggia con la famiglia, non manca loro niente, Falù gioca a calcio con gli altri bambini, fa il bagno, va in acqua e scherza con i suoi amici, è contento di cominciare la scuola, e Usman, con i suoi piccoli passi percorre la spiaggia libera saltando da ombrellone a ombrellone, ha due begli occhi neri e profondi, dice "ciao" e "grazie" e con la sua voglia di scoprire il mondo trasmette molta tenerezza, è molto sveglio.
Per adesso sono fortunati a vivere in modo naturale la loro infanzia, crescendo impareranno anche a lavorare, a cavarsela come i fratelli, è probabile che con un po’ di fortuna e la possibilità di andare a scuola, le cose per loro diventeranno migliori.
(Jhoana Ostos)
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