giovedì 11 aprile 2013

La morte insopportabile

Le figlie sono amorevoli. Si preoccupano. Si “occupano”.

Sgridano. Pretendono. Decidono.

Le figlie sono competitive. Insofferenti. Ricattatorie. Immature.

Ieri, in bus, ore 13.30, linea 19 da San Lazzaro.

Una signora di circa 60 anni chiacchiera con un’altra, più anziana. E’ un monologo – l’amica tenta di partecipare, ma la signora sessantenne (cappello, occhiali da sole, sciarpona e tacchi a spillo) non riesce a trattenere uno sciorinare inarrestabile di parole.

<<Lei, la mamma, ha 89 onni. Quindi, ho paura. Infatti, le sto facendo fare tutti i controlli, tutti gli esami clinici…. Gliel’ho detto al mio medico, “guardi, io ho paura, ho paura che succeda qualcosa…”… Perché poi, lei non è mica una che sta attenta, per esempio, a mangiare quello che deve mangiare: ieri ha mangiato due uova fritte, che se le mangio io sto male una settimana. Le ho detto, “mamma, devi imparare a mangiare BENE, bene, mica quello schifo lì che ti fa venire il colesterolo….”, ma lei, niente!, fa come le pare, e allora io son preoccupata, ma insomma, non si può mai star tranquilli. Poi è da sola, mio papà, lo sai non c’è più, avrebbe 83 anni, adesso, ma è morto che ne aveva 52, è già da mo’ che è morto, ma lei non si è mica abituata, come si fa a abituarsi, nemmeno io, se è per quello, e così domani vado ancora al Montebello, la porto lì perché è più comodo, anche se faccio fatica coi parcheggi, alle volte la porto in bus… ma lei non vuole, e mi dice, “cosa ci vado a fare”, le dico “mamma, non buttarti giù così, insomma, pensa un po’ anche alla salute!2, ma a lei, guarda!, sembra che non le importi niente…>>

Ricordo al Centro Antalgik di via Irnerio, qualche anno fa, un vecchissimo uomo, fragile come una carta velina, accompagnato da due persone, entrare a fare un’ecografia, e l’infermiera che sbottava, dopo che i parenti l’avevano fatto entrare: ”Ancora? Anche oggi son tornati?? Ma lasciatelo stare, basta, è una tortura!”.

Ecco: io penso che sia una tortura, una tortura perpetrata con efferatezza, quest’accanimento nel non voler accettare la vita, e la morte, con dignitosa pacatezza. Io penso che non sia accudimento, che non sia amore, quello di non tollerare l’anzianità dei genitori, il loro dolce cambiare e accettare una nuova calma, garbata visione meno attiva e combattiva della vita. Credo che sia una forma di infantile capriccio, di egoismo immaturo e prevaricatore quello di certe figlie che, scavalcando le necessità quotidiane delle loro madri, pretendono da loro performance, modi di agire e di pensare, e modi di vedere se stesse, così intolleranti nei confronti dell’anzianità, che può essere una stagione di ricchezza ed emozioni, di sentimenti e condivisione, ma forse lo è meno di azione e di attività.

A 89 anni la signora mangia le uova fritte e le digerisce, e soprattutto le gradisce. Cosa c’è di sbagliato, nel mangiarle? La figlia no, non le digerisce. Ma la madre SI’. Il padre è morto da 21 anni: cosa spinge questa figlia a dire che non si è “abituata”? Chi, esattamente, non si è abituata? La madre, o lei? Da dove viene questo attaccamento disperato, e disperante, a situazioni che ci fanno sentire solo in uno stato di perdita, di sconsolatezza? Non lo capisco.

Ma continuo ad ascoltare la gente, per le strade.

Cosa sentirò, domani?

(Alessandra Lazzari)

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