martedì 10 maggio 2016

Elisha, una filippina come tante

Nel 2012, sono diventati una dei 10 milioni di filippini che vivono all'estero in cerca di lavoro nella speranza di un futuro migliore per le loro famiglie. E i miei figli sono diventati come quei 9 milioni di bambini che sono stati lasciati indietro e vivono senza uno o entrambi i genitori.

Sono arrivata in Italia per motivi familiari. Lo stipendio di mio marito come collaboratore domestico non era sufficiente per poter portare in Italia noi tutti. Così ha portato prima me. In questo modo, se avessi trovato un lavoro regolare saremmo riusciti a portare anche i nostri bimbi.

Non è stato facile per me venire qui. Dovevo lasciare i miei figli. Per fortuna, ho un fratello a casa di cui mi fido molto e sapevo che li avrebbe accuditi come i propri figli. Dovevo anche dire addio ad un lavoro in cui ero stata recentemente promossa. E stavo per finire i corsi per la laurea magistrale per la quale mi mancava solo un esame. Ma so anche che per noi poveri, per chi appartiene a una classe medio-bassa come la mia, è un vantaggio lavorare all'estero. E se non fosse stato per mia madre che lavora all'estero come infermiera, io e i miei fratelli non avremmo potuto finire gli studi. E anche se stavo già lavorando come dietologa, il mio stipendio non era abbastanza per crescere tre bambini e mandarli a una buona scuola. Se non riescono a finire l'università avranno poco o nessuna possibilità di trovare un lavoro decente. Così ho fatto la valigia sperando di fare la cosa giusta per la mia famiglia. Sono salita sull'aereo promettendogli che avrei fatto di tutto per portarli qui ed ero molto ottimista che avrebbero potuto avere pari opportunità. Quando l'aereo è decollato, per ultima volta ho guardato la mia patria chiedendomi quando l'avrei rivista.

Per fortuna, sono riuscita a trovare un lavoro, anche se non parlavo ancora l'ítaliano. Ho lavorato come donna delle pulizie per le persone che parlano inglese. Quando ho imparato la lingua italiana, sono riuscita a trovare un lavoro come babysitter per una famiglia italiana. Ho guadagnato abbastanza soldi per poter aiutare mio marito nelle spese. Ma non è facile avere un lavoro umile ed essere una straniera. Ci sono stati momenti in cui pensavo che non sarei mai dovuta venire qua. Ci sono momenti in cui mi dimentico chi sono.

Sono molto grata di ricevere un sostegno morale dalla mia famiglia, dagli amici, e dalla comunità filippina che ho trovato. Poco a poco ho cominciato a trovare uno scopo per quella che sembrava la mia insignificante esistenza qui. Una parte dello stipendio che ho guadagnato lo dono alle associazioni di volontariato nel mio paese per i medicinali nelle tribù, per l'educazione dei bambini che vivono nelle isole, e a un giovane insegnante che insegna ai bambini per strada. Cento euro possono veramente aiutare un medico e costruire una clinica in montagna. E la stessa cifra può aiutare 200 bambini ad avere quaderni e biro. E la stessa cifra puo sponsorizzare un insegnante a trascorrere una settimana in un'altra città per insegnare ai bambini di strada.

Il mio desiderio è di aiutare più persone nel mio paese. Se solo potessi sapere di più, credo che potrei aiutare più volontari. Vorrei che nel futuro la società filippina si integrasse di più a livello lavorativo e che le persone non venissero identificate solo come professionisti domestici. Lo so che ci sono molti ostacoli da superare, ma devo rimanere ottimista. Ora che i miei figli sono qui e stanno andando bene a scuola mi sento molto contenta.

La mia storia è solo una delle tantissime storie di filippini che hanno fatto un gran sacrificio a lasciare il proprio paese nella speranza di avere un futuro migliore. Nel frattempo, dobbiamo continuare a muoverci come la vita si muove, e deve essere un continuo cambiamento.
La strada che noi percorriamo non è facile, ma noi speriamo che ci porterà in un luogo che potremo chiamare la nostra casa. Può portarci indietro nel nostro paese oppure a piantare le nostre radici in un'altra terra.
Elisha Gay C. Hidalgo



Un esempio di poesia filippina
(ha scritto di Dr. Jose Rizal, eroe filippino, quando aveva solo otto anni)




Alla mia gioventù


Se la gente di una nazione certamente ama
il regalo del cielo che è la sua lingua,
Così anche ritroverà la libertà
Come l'uccello che vola nel cielo.

Perchè la lingua è una misura del valore
Di città, nazioni e regni,
E ogni persona allo stesso modo merita
Tutto quello che spetta ad una nazione nata libera.

Uno che non fa tesoro della propria lingua
è peggio di una bestia e di un pesce putrido,
Perchè lei dovrebbe essere alimentata volentieri
Come le nostre madri ci ha nutriti.

La lingua tagalog è come il latino,
Come l'inglese, lo spagnolo, e la lingua degli angeli
Perché era il Dio, nella sua saggezza
Che ce l’ha donata, che l’ha data a noi.

La nostra lingua è simile a quella degli altri,
Con il suo alfabeto e le sue lettere,
Ma è svanita come se una tempesta improvvisa avesse travolto
Una barca in un lago tanto tempo fa.





In 2012, I became one of the 10 million Filipinos living abroad in search of work in hope of a better future for their families and children. And my children became one of the 9 million children who were left behind and are living without one or both of their parents.
I came to Italy with a petition visa from my husband. According to Italian law his salary as a domestic helper was not enough to bring all of us with him. So I was the first to go. In that way, if I could find a regular job we could combine our incomes to get our children.
It was not easy for me to come here. I had to leave my children behind. Fortunately, I still had a brother back home who I trust to take care of them as his own. I also had to say goodbye to a job wherein I recently just got promoted. And I had to forget about the Master's degree I am just a thesis away from finishing. But I also know the benefits of working abroad for a low to middle class Filipino like myself. I am also a daughter of an Overseas Filipino Worker. And if not for my mother working abroad as a nurse, me and my siblings would not have been able to graduate from college. And eventhough I was already working professionally as a Nutritionist Dietitian, I know my salary was not enough to raise three children and send them to good private schools. And if they do not get a university degree, there will be an even less chance of them getting a decent job in the future. So I packed my bags with a hope that I was doing the right thing for my family. I got on the plane with the conviction that I would do everything to bring them with us here in Italy where I was optimistic for equal opportunities for them. When the plane took off, I had one final look at the country I grew up in wondering when I will be back again.
Fortunately, I was able to find a job immediately eventhough I do not speak the language yet. I worked as a cleaner for people who speak English. When I could speak a little Italian already, I found work as a babysitter. I earned just enough to help my husband pay the bills and send money back home. But it is not easy to have a menial job and to be a foreigner at the same time. There were times I wished I had never come. There were times I almost forgot who I am.

I am grateful for the strong support I have with my family, friends and the Filipino community I found. Little by little I began to find a purpose to what seemed like my insignificant existence here. Part of the money I earn I send back home to help the causes support like medical services to tribespeople, education for children living in islands, and a young teacher educating children in the streets. A hundred euros could already help one doctor build a small clinic in the mountains. The same amount could help buy notebooks and pens for dozens of children living in isolated and far flung islands. And the same amount could also help sponsor one teacher to spend a week in another city to teach more street children.
My wish for the future is that I could help more people in my country. If I could only earn more, I believe I could help support more causes. I also dream that one day Filipinos here would become more integrated into the Italian society and be given the same opportunities for higher education and professions. I hope that we Filipinos and the other migrants be given the chance to reach our full potential even in a foreign land. And it is very important that even in the process of integration, we do not forget our cultural identity. I know there are a lot of barriers to break here but I am keeping an optimistic outlook in life. For the meantime, I am happy that my children are already here with us and that they are experiencing good quality education.
My story is only one of the million stories of Filipinos who made the sacrifice to leave their country in the hope of a better future. In the meantime we must keep moving as life is and should be a series of transition. The road we tread upon is not easy but we are all hoping it will lead us to a place we can call home. Whether it will take us back to the Philippines, or it would mean planting our roots in a new soil.

Elisha Gay C. Hidalgo





For anyone who wants to help and send donations to some causes and individuals I support please visit the links below:










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