venerdì 12 aprile 2013

Libere di cantare, libere di vivere

"Nel momento nel quale smettiamo di sognare finisce tutto... io voglio continuare a sognare, la musica mi ha dato la possibilità di capire che ci sono cose che la guerra non ti può togliere..." ed è proprio grazie a quella che Daira Quinonez cominciò ad esorcizzare i suoi fantasmi, a costruire a partire della desolazione che la violenza aveva seminato nel suo paese. A Tumaco, i suoi abitanti sono nella grande maggioranza afro-colombiani e anche indigeni, situata al sud-est della Colombia ed affiancata ad ovest da l'oceano Pacifico è una regione che da metà degli anni 90' il fenomeno dei desplazados ha lasciato soltanto devastazione, nel 2009 la Commissione di Monitoraggio sulle Politiche Pubbliche sui desplazados "Comisiòn de Seguimiento a La Polìtica Pùblica sobre Desplazamiento Forzado" ha stabilito che il 52,4% della popolazione dei desplazados di tutto il paese sono donne, madri con i loro figli che devono abbandonare le loro terre, il lavoro e i loro averi per salvare le proprie vite e quella delle loro famiglie, in tanti casi dovendo assumere il ruolo di capi famiglia e badando anche ad altri che sono rimasti orfani e senza protezione.

In un paese come la Colombia in guerra nelle campagne da più di cinquant'anni ogni giorno arrivano nella capitale persone da tutto il paese, persone come Daira, famiglie intere che cercano di trovare un posto dove riprendirsi un futuro e la dignità che li è stata tolta. Dopo avere avuto un pò di terra da coltivare, un lavoro, una scuola dove mandare i loro figli, una storia di vita fatta di generazioni nate e cresciute nello steso posto, molti ricordi e tradizioni di tramandare, la lotta per il dominio dei coltivi illeciti lascia soltanto dolore e un grande senso di sconfitta. Alla fine della sofferenza, dello sconforto e la consapevolezzadi quello che hai perso e non riavrai molte desplazadas come Daira hanno asciugato le loro lacrime trovando il coraggio di ricominciare per le loro famiglie, i figli e soprattutto per chi non c'è l'ha fatta, perchè non ci siano più morti e le comunità afro-colombiane, indigene e di tutte le razze possano vivere con tranquillità nei loro territori, senza paure; nasce cosi la Fondazione di Donne  desplazadas dal Pacifico, "Fundaciòn de Mujeres desplazadas del Pacìfico", un centro di ritrovo di donne da questa regione della Colombia, un progetto produttivo che favorirà più di centro famiglie Afro di Bogotà. Il progetto ha trovato alcuni finanziatori e sarà un centro di ritrovo nella Candelaria, quartiere storico di Bogotà, ispirato in un villaggio ecologico "ecoaldea" dove ci saranno alcuni orti coltivati dalle donne, i pavimenti in "chonta" un tipo di palma Centroamericana e terrazze verdi in modo di riutilizzare le risorse che offre il clima della città. Per adesso il progetto è approvato, i disegni e anche i macchinari per la costruzione di materie prime da elaborare con la pelle dei pesci, in questo modo si potrà anche fortificare una rete di tessuto sociale a Bogotà e nella Costa Pacifica, da dove loro provengono.

Il contributo più inestimabile per cominciare a consolidare questo progetto è stato proprio quello della gente comune, persone che credono che una società come la nostra possa essere sempre diversa, in Colombia ormai da diverse decade si vive nella violenza ma è anche vero che l'indifferenza contribuisce soltanto ad aumentarla, per questo che Daira ed altre donne del pacifico organizzano ogni tanto delle feste come "La Fiesta del Patacòn", delle serate dove si può mangiare qualche piato tipico della loro regione e il canto di Daira ed altre donne evoca ai presenti l'incanto delle nostro terre, le nostre radici e l'amore per la vita, sono canti pieni di speranza.

Daira rappresenta migliaia di persone che oggi vivono la peggiore delle guerre, una guerra silenziosa e deplorevole in una società nella quale a forza di sentire in tutti i media ogni giorni il resoconto dei morti della giornata ci stiamo dimenticando della profondità della violenza.

(Jhoana Ostos Tavera)

1 commento: